Online sul Flauto di Pan la recensione di Miriam Mastrovito del romanzo SAMSARA - L'Isola degli Urlanti di Caleb Battiago.
Dalla recensione: (…) Un’isola di plastica che non figura nemmeno sulle mappe, un accumulo di rifiuti galleggianti innaffiati dalla pioggia radioattiva: il Trash Vortex 147 sembra l’esatto contrario di un Eden e di certo non si preannuncia come un luogo ospitale. Ma a volte, si sa, l’unica scelta percorribile è quella del male minore. Meglio una pattumiera in mezzo al mare su cui poter coltivare un’illusione di libertà che una città assediata dalla Milizia governativa. A questo si è ridotta Moosonee, nel Grande Canada, dopo lo schianto di Uxor, il meteorite che ha innescato l’Apocalisse, dando la stura a una nuova stirpe di appestati. Sedici anni sono passati dal triste evento e la situazione non è migliorata. La popolazione è contaminata e nessuno deve uscire dai recinti di quarantena. Sopravvivere restando entro i confini non è nemmeno facile, giacché ogni cinque minuti c’è un cecchino che fa saltare un cervello e se non si finisce in poltiglia c’è sempre il rischio di ritrovarsi in un laboratorio a far da cavie umane. È per sfuggire a tutto questo che un manipolo di disperati decide di scappare e tentare di raggiungere il vortex, se non altro lì la milizia non potrà scovarli, almeno questa è la speranza. Mona e Jackson Napoleone con la figlioletta Grace, nel mirino dei soldati perché affetta dalla Peste Bianca; la terrorista Oceanne con il compagno Zack Rompighiaccio, e la sua inseparabile tanica di tequila; le prostitute del Bon Bon con la piccola Annapurna; Logan, il tossico; sono solo alcuni dei reietti che a bordo della Homeless Doll salpano verso la nuova terra promessa. (…) Fra i vari capitoli dal ritmo davvero incalzante, si inseriscono poi degli interludi pullulanti di ratti mutati, che acquisiranno un preciso significato nelle battute conclusive, in cui l’animo poetico di Battiago prende il volo regalandoci un mix di orrore e lirismo che ci trascina in una dimensione delirante e visionaria allo stesso tempo, tale da far correre i brividi lungo la schiena. Come sempre nelle sue opere, ogni singola parola sembra essere stata scelta con cura e incastrata in uno sparito immaginario che non ammette sbavature, ognuna ha un preciso suono e un peso che contribuisce all’armonia del tutto. Di grandissimo impatto il finale, tragico e aperto pur senza lasciare nulla di incompiuto, una sorta di finestra spalancata su un abisso, idealmente da colmare, ma dal significato inequivocabile. (…) Leggi la recensione integrale sul Flauto di Pan Acquista il libro su Amazon
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