Terzo appuntamento con Dark Visions, ciclo di interviste ai nostri autori a cura di Cristiano Saccoccia. Dopo Philip Fracassi e Richard Christian Matheson, stavolta è il turno di uno dei più grandi interpreti del genere horror, sia come autore che come sceneggiatore, David J. Schow, del quale è in uscita nei prossimi giorni la prima edizione italiana del romanzo 'Viscere Nere' (The Shaft, 1990) e del quale abbiamo pubblicato la raccolta di racconti 'Cuoio Nero' (Black Leather Required, 1994), disponibile sul nostro Store online e su Amazon. Intervista di Cristiano Saccoccia a David J. Show CS: Chi sono i tuoi mentori, gli scrittori che ti hanno influenzato? DS: Non mi sento di menzionare un autore o una ‘scuola d'appartenenza’ e affermare semplicemente "Sono venuto da lì". Alcune mie idee possono aver tratto ispirazione a partire da Edgar Allan Poe fino alla narrativa contemporanea, a oggi. Ho iniziato a scrivere racconti con un certo interesse, che a mio avviso rappresentano ancora il modo migliore per raccontare l'orrore. Per una recente antologia di racconti, ho citato tutti i fondamentali scrittori di racconti che mi sono venuti in mente, come omaggio... e sono venuti fuori centinaia di nomi, vecchi e nuovi autori, molti noti e altri meno conosciuti. La domanda sull’influenza di altri scrittori sulla propria produzione letteraria di solito è una mossa commerciale del marketing per creare ‘confronti’ tra autori. Una sorta di artificio per comprendere e categorizzare la tua ‘voce autoriale’, e quindi farsi un’idea sulla potenziale risposta dei lettori che apprezzano ‘voci’ simili. Capisco la necessità di vendere e attirare rapidamente l’interesse dei lettori, ma marchiare uno scrittore con un'etichetta significa fare un torto al lettore stesso, prima di tutto. Tutto ciò è ancora peggio se scrivi con registri diversi, e io in questo caso mi ritengo un camaleonte, che per natura cambia spesso e volentieri. Credo sia questo il modo più onesto per rispondere alla tua domanda. Dovete leggere le mie storie, tutto qui, e poi decidere da soli! CS: Hai coniato il termine ‘Splatterpunk’; secondo te come si è evoluto nel corso degli anni? Ha smarrito la sua originaria forte connotazione sociale, oppure è riuscito a mantenere nel tempo le sue caratteristiche, e continuare a proporsi come messaggio, ben oltre il semplice intrattenimento? DS: Quando ho coniato il termine ‘Splatterpunk’ sono stato catapultato in uno dei mercati più difficili di sempre: il dizionario. Dopo l'originale ‘Splat Pack’ e il cosiddetto ‘Horror Boom’ della fine degli anni '80, arrivò un'onda anomala di autori di talento che hanno poi monopolizzato il genere horror per tutti gli anni '90. Dopo ciò, l'horror ha perso di nuovo la sua battaglia contro il mainstream, cosa che accade periodicamente, allo stesso modo in cui oscilla un pendolo. Il risultato di tutto ciò ha portato alla proliferazione dell’ ‘Extreme’ horror, poi del ‘Gonzo’ horror e infine del ‘Bizzarro’ horror ... anche se non sono sicuro sia questo l’ordine giusto. Oggi per alcune persone lo splatterpunk rappresenta qualcosa di nostalgico. Ho appena ripubblicato "Silver Scream", un cult degli anni d'oro dello splatterpunk, probabilmente la prima antologia a tema. Un volume che non veniva ristampato da trentadue anni, escludendo l'edizione italiana per Einaudi, "Lo schermo dell'incubo" (1998). Negli ultimi anni il sottogenere splatterpunk viene comunicato e valorizzato anche attraverso nuovi premi dedicati, gli Spatterpunk Awards, ideati e presentati da Wrath James White e Brian Keene durante la convention annuale Killercon. CS: Come sceneggiatore quali obiettivi ti poni? DS: Sembrerà brutto da dire, ma il mio principale obiettivo come sceneggiatore è quello di essere pagato in tempo. Dopo ciò, cerco di rendere giustizia al materiale che mi trovo tra le mani… dopo tutto sono pagato per farlo, sia che si parli di un’opera originale che di un adattamento. Occasionalmente mi capita di lavorare con degli amici, il che è sempre un piacere, come Mick Garris per la serie "Masters of Horror", oppure Greg Nicotero per "Creepshow", dove abbiamo potuto mettere in luce l'ottimo lavoro di un artista italiano, Franco Colosimo. CS: "Il Corvo" è uno dei film più iconici di genere, secondo te quali sono le ragioni di questo successo senza tempo? Puoi raccontarci qualcosa di più su Brandon Lee, che rapporto avevate? DS: Se si pensa a "Il Corvo" come allo stadio finale di una cultura dark-popolare iniziata nel 1980 con "The Hunger", si può notare come tutto il movimento ‘Goth’ fosse scemato fino a essere assimilato a popolari necessità stilistiche, allineandosi ad estetiche e becere questioni modaiole. Inoltre, la colonna sonora del film era già preimpostata, e a dir poco limitata. Questa era l'aurea che il film trasudava. Puoi dire di aver fatto qualcosa di significativo e di successo nella vita quando le storie scritte successivamente dagli altri sono soltanto una copia della tua, e questa è una forma di immortalità. Brandon era diventato mio amico, e mi manca ogni giorno. È stato un privilegio lavorare a stretto contatto con lui per un lungo periodo di tempo; quelli sono i giorni più memorabili di tutta la mia vita, nel bene e nel male. CS: Quali dei tuoi lavori credi sia adatto per una trasposizione cinematografica o come serie televisiva? DS: Ogni mio lavoro credo abbia la stoffa per essere trasposto. La cosa migliore da fare è aspettare che qualcuno ti contatti. I Fratelli Nelms, per esempio, hanno realizzato un film noir moderno dal titolo "Small Crime Town" opzionando per l’adattamento il mio romanzo "Gun Work". Parecchie delle cose che sto realizzando per Creepshow le ho originariamente adattate dai miei racconti, che in precedenza già avevano preso forma come fumetti per "John Carpenter Tales for a Halloween Night". Uno qualsiasi dei miei romanzi urban thriller funzionerebbe bene come sceneggiatura di una miniserie; "Intercine", "Upgunned", "The Big Crush", per fare qualche esempio. Soprattutto considerando il fatto che oggi i produttori televisivi si vantano di filmare storie tratte da opere letterarie. CS: la tua raccolta di racconti "Black Leather Required" è stata tradotta e portata in Italia da Independent Legions (col titolo di "Cuoio Nero"). Ho apprezzato davvero molto le tue storie: potenti, viscerali, conturbanti e originali. Il mio racconto preferito è ‘A Week in the Unlife’ (‘Una Settimana nella Non Vita’). È stato fantastico leggere una storia sui vampiri di tale sottigliezza psicologica, e molto interessante scoprire qualcosa di così innovativo su un tema piuttosto abusato. Secondo te cosa deve fare l'horror per non diventare banale, e ammuffirsi? DS: Sono molto contento che "Cuoio Nero" sia stata la mia prima raccolta di racconti a essere pubblicata in italiano. Dal momento che mi hai chiesto dello splatterpunk, è giusto sapere che il libro è stato pubblicato durante il periodo in cui l’iniziale ed esplosiva popolarità di quel sottogenere stava già scemando. E proprio lo splatterpunk dunque è il tema della raccolta, nel bene e nel male. Una settimana nella Non Vita è un perfetto esempio dell'indole stessa del libro, che procede per contrasti. Mi è stato chiesto di scrivere qualcosa per contribuire a un'antologia di racconti di vampiri, e volevo proporre qualcosa di diverso, anziché limitarmi a scrivere qualcosa di canonico, di classico, con cliché e altre forme abusate (i vampiri erano molto in voga in quegli anni, come accade oggi con gli zombie). Così ho scritto un racconto ‘anti-vampiro’ per bilanciare il mix di opere presenti nell'antologia. Quindi, una veloce risposta alla tua domanda può essere questa: per evitare che l'horror diventi banale, e ammuffirsi, fate esattamente l'opposto di quello che ci si aspetta! CS: Ti piacerebbe scrivere altre opere teatrali come "Beggar's Banquet, with Summer Sausage?" DS: Assolutamente no... a meno che qualcuno non mi chieda di farlo. Quella che hai citato era una rappresentazione teatrale e splatterpunk dal vivo, in versione Grand Guignol. Ho fatto già qualcosa di simile: un adattamento di un racconto di Robert Bloch. Se si può scrivere una sceneggiatura, cinematografica, televisiva o di un fumetto, si può scrivere anche una commedia teatrale, ma ci sono sottili differenze di tono, sfumature, e varie attività di coordinamento da prendere in considerazione. CS: Preferisci la forma del romanzo o del racconto, per raccontare la tua idea di horror? DS: I racconti rimangono il mio primo amore, e per me rappresentano ancora la migliore forma di narrativa horror. Ci sono racconti più efficaci e spaventosi di molti romanzi blasonati, anche se alcuni di essi, tra quelli di grande livello, riescono a mantenere un certo ritmo, ossia quello che Poe ha chiamato ‘L'Effetto’. Ma devono sostenerlo più volte all'interno della narrazione, al contrario di un racconto, che mira direttamente ed essenzialmente a esso, e quando lo raggiunge, da quel punto in poi hai l'inferno. Per come la penso, i racconti hanno offerto un grande contributo ai romanzi, ai film, alla televisione e a tutto il resto. Tutto prende piede con la capacità di raccontare una storia efficace all'interno di uno spazio-tempo compresso. Cs: ‘The Shaft’ è il primo racconto della raccolta "Black Leather Required" (“Cuoio Nero”); come mai hai scelto di trasformarlo in un romanzo? Inoltre, puoi dirci qualcosa in più sull’opera, e cosa dovranno aspettarsi i nostri lettori, visto che il romanzo sta per essere pubblicato in italiano da Independent Legions, col titolo di "Viscere Nere"? DS: ‘The Shaft’ è nato negli anni in cui non importava quanto fossero eccellenti i racconti e le abilità dell'autore; gli editori volevano pubblicare dei ‘libri’, e per loro ciò significava essenzialmente ‘romanzi'. L’opera è nata come racconto, ma i miei editori volevano un romanzo horror per cavalcare quel trend determinato dal marketing. Così "The Shaft" è diventato il mio ideale di come sarebbe dovuto essere un romanzo horror nel 1990... trent'anni fa. Sono orgoglioso delle recensioni ricevute dal libro. Tutto è iniziato dall’idea: Cosa accadrebbe se un palazzo fosse affetto dall’Alzheimer? Avrebbe dimenticato come è stato costruito, per poi iniziare a ‘ricordare’ in modo errato. Così, l'interno dell'edificio si sposta, cambia forma, muta visceralmente e senza preavviso. E poi, cosa succederebbe se questo edificio si sballasse di brutto di cocaina? CS: Cosa pensi di Lovecraft? So che sei in buoni rapporti con S. T. Joshi, uno dei maggiori studiosi di HPL nel mondo. Nella tua narrativa ci sono alcuni echi del maestro di Providence? DS: S.T. Joshi è stato molto gentile a esprimere eccellenti giudizi sul mio lavoro. Ho cercato di ripagarlo scrivendo una storia per l’antologia da lui curata "Black Wings", anche se non ero un grande fan della scrittura di Lovecraft. Era dunque una sfida, fare qualcosa che non mi veniva naturale, e avrei dovuto mettercela tutta, far bene i compiti a casa, altrimenti Joshi avrebbe capito che stavo semplicemente fingendo. Alla fine però è stato molto divertente! Penso si trovino echi Lovecraftiani in tutti i miei lavori, e che ciò sia dovuto alla pura onnipresenza culturale, nell’horror, dei miti di Cthulhu. È ovunque, se si guarda bene. CS: Preferisci un horror privo di elementi soprannaturali, per esempio come alcuni lavori di Jack Ketchum, o ti piace inserire abominevoli presenze nei tuoi scritti? DS: Ci ho pensato, e nei miei lavori c’è praticamente un 50% e 50% tra soprannaturale e non-soprannaturale. Guardando a "Cuoio Nero" ho notato che tutte le storie hanno elementi soprannaturali. Wow, non credo che questa caratteristica si trovi in altre mie raccolte! Ora dovremo sederci e iniziare a fare delle liste ... CS: Il linguaggio è molto importante per la tua scrittura, non facile da rendere in italiano perché si possono perdere alcune sfumature. Puoi dirci di più sulla cultura underground delle grandi città degli Stati Uniti, che viene spesso evocata e rappresentata nelle tue opere? DS: Sono sempre stato un ‘urban writer’. Amo i vicoli, le ambientazioni noir, e l'approccio hard-boiled, non così diverso dal pulp più duro. Per i miei lavori non appartenenti al fantastico, mi fa piacere menzionare il fatto che lavorerò su un romanzo di suspense, usando delle sfumature horror che spero lo rendano più interessante! Ho sempre preferito come location il ventre di New York, o le stradine di Hollywood, sai, proprio il tipo di zone in cui la gente non penserebbe mai di scaricare sul marciapiede il cadavere della Dalia Nera. Lo splatterpunk è stato un viscerale pugno nello stomaco che ha mandato a gambe all'aria l'horror da ‘tè delle cinque’, con quelle pallide storie di fantasmi da salotto. Ero a Los Angeles, quando la scena punk iniziava a soffocare a morte, e Hollywood Boulevard era al suo peggio, prima che tutto diventasse un cartone Disney. E sai una cosa? Mi trovavo a mio agio. Certo, a volte era una vita molto dura, si doveva dormire su un tetto o raccattare avanzi di dolci del giorno prima nei bidoni dell’immondizia. Ma abbiamo del nostro meglio per far sì che tutto quello che ci circondava non sarebbe durato a lungo. Alcuni dei miei compagni di trincea non sono sopravvissuti, ma il resto di noi ce l’ha fatta, siamo qui, ci guardiamo alle spalle e facciamo del nostro meglio per continuare a raccontare ciò che abbiamo visto. Profilo dell'autore
David J. Schow (Marburgo, 1955), autore e sceneggiatore statunitense vincitore del World Fantasy Award, dell'Internationa Horror Guild Award, dello Splatterpunk Award alla Carriera (J. F Gonzalex Lifetime Achievement Award) del Rondo Award for Book of the Year e di molti altri premi internazionali, vive a Angeles. L’ultimo dei suoi nove romanzi è uno stravagante hardboiled dal titolo The Big Crush (2019), mentre la sua più recente raccolta di racconti, tra le dieci finora pubblicate, è DJStories - The Best of David J. Schow (2018) . Ha scritto molte sceneggiature per il cinema (The Crow, Leatherface: Texas Chainsaw Massacre III, The Hills Run Red) e per la televisione (Masters of Horror, Mob City). Oltre a essere tra i più popolari editorialisti del magazine Fangoria, ha scritto anche opere di saggistica, tra le quali The Outer Limits Companion (1988), Wild Hairs (2000) e Outer Limits at 50 (2015). Come editor ha curato vari titoli insieme a Robert Bloch (The Lost Bloch, tre volumi, 1999-2002) e John Farris (Elvisland, 2004), oltre alla leggendaria antologia horror Silver Scream (1988). È presente, in qualità di esperto o documentarista, in vari DVD, tra i quali Creature from the Black Lagoon e Psycho to I, Robot and King Cohen: The Wild World of Filmmaker Larry Cohen. Tra le altre sue opere di narrativa: The Kill Riff (1988); Seeing Red (1989), Lost Angels (1990), Crypt Orchids (1998), Bullets of Rain (2003), Zombie Jam (2005), Gun Work (2008), Intercine (2010), Upgunned (2012), DJSturbia (2016). Grazie a lui, il termine 'Splatterpunk' è entrato, dal 2002, nel Dizionario di Inglese di Oxford. Tra le sue pubblicazioni in italiano, per i nostri tipi, la raccolta di racconti Cuoio Nero (2017, prima edizione italiana di Black Leather Required, 1994) e il romanzo Viscere Nere (prima edizione italiana del romanzo The Shaft, 1990, in uscita a Settembre 2020). A Ottobre 2020 il suo racconto inedito in italiano Draggers uscirà sul secondo numero di Molotov Magazine.
0 Comments
Leave a Reply. |
blogby Independent Legions Appuntamenti /Fiere
OBLIVION - ROMA 22/23 Febbraio 2025
Scopri Zeppelin Books
La nostra offerta dedicata alla narrativa Fantasy
Gruppo su Facebook
per i nostri Lettori Ultime Uscite ITA
Latest Book Releases (ENG)
|